lo ultimo en tecnologia informatica

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Internet of Everyhting riguarda l’interconnessione di cose, persone, dati e oggetti sulla Rete. Cisco stima che entro il 2020 circa 50 miliardi di elementi saranno connessi alla rete. L’azienda è convinta che nell’era dell’Internet of Everything si potranno ottenere sempre più informazioni in tempo reale, su cui basare azioni e decisioni e da sfruttare per creare innovazione, servizi e rilanciare la crescita di imprese e paesi. “Già oggi ci sono 900.000 posti di lavoro legati all’ICT disponibili, ma scoperti a causa della carenza di personale qualificato: domani diventeranno molti di più, e se faremo in modo che le persone possano acquisire le necessarie capacità,  questi posti di lavoro si trasformeranno in nuova occupazione”,  ha detto David Bevilacqua, Vice Presidente Sud Europa di Cisco, che rappresenta l’azienda nel programma istituzionale di Digital Venice.

Le connessioni offerte da locali, stabilimenti balneari e hotel «potrebbero non essere sufficientemente protette e mettere pc, smartphone e tablet a rischio di intrusioni esterne da parte di malintenzionati a caccia di dati personali. Inoltre -aggiunge il Garante per la Privacy- connessioni “infettate” potrebbero veicolare virus e malware, esponendo i dispositivi collegati a diversi rischi, dal phishing al furto di identità. In ogni caso, quando non si è certi del livello di sicurezza della connessione internet, meglio evitare di usare servizi che richiedono credenziali di accesso (ad esempio, alla propria webmail, ai social network, ecc.) o fare acquisti on-line utilizzando il web banking o la carta di credito». 

«Postando sui social network che si è in vacanza si potrebbe far sapere ad eventuali malintenzionati che la propria casa è vuota. Il pericolo -avverte il Garante- aumenta se poi si scrive anche per quanto tempo si resterà in vacanza o in quali giorni». Il suggerimento è quindi «innanzitutto quello di evitare di postare sul web informazioni troppo personali, come l’indirizzo di casa o la foto del posto dove si parcheggia di solito l’automobile. È bene poi controllare le impostazioni privacy dei social network, limitando la visibilità dei post solo agli amici; fare attenzione a non accettare sconosciuti nella cerchia di amicizie on-line; eventualmente, bloccare la funzione di geolocalizzazione dei social network per non far sapere quanto si è lontani dalla propria abitazione».  

Leon Chua, professore dell’Università di Berkeley in California, predisse teoricamente nel lontano 1971 la comparsa di un ulteriore elemento che completasse la triade fondamentale nei circuiti elettrici composta da induttore, resistore e condensatore. Chiamò questo elemento, allora esoterico perché frutto di calcoli matematici, “memristore” quale unione delle parole memoria e resistore. Parrebbe oggi che questa idea geniale possa avere conforto pratico, e ciò ci arriva dai laboratori HP a seguito di un articolo pubblicato su “Nature” dove affermano di avere indirizzato una tecnica per costruire dispositivi in grado di riprodurre il comportamento reale di un memristore.. Questa scoperta, se potrà essere sfruttata industrialmente, dovrebbe portare ad una nuova rivoluzione nel campo dell’elettronica e nell’informatica. In particolare il memristore avrebbe la capacità di mantenere l’informazione anche se disattivato, e quindi anche senza alcun tipo di alimentazione. Per la sua creazione serviranno gli sviluppi che si stanno facendo nel campo delle nanotecnologie. Combinando questa tecnologia futuristica con altre recenti, i tecnici di HP dicono che si potrebbe stravolgere in modo rivoluzionario tutto il mercato delle memorie: dalla DRAM a quelle magnetiche a stato solido permettendo di aumentare fino a sei volte le attuali capacità di immagazzinamento dei bit per pollice quadrato, senza alcuna penalizzazione in termini prestazionali.

All’inizio dei tempi, anni trenta e quaranta del secolo scorso, quelle primarie erano costituite da due cristalli piezoelettrici di quarzo all’estremità di cilindri di acqua o mercurio. In pratica un impulso, giunto ad uno dei cristalli, si trasformava in energia meccanica che veniva trasmessa al secondo cristallo, che la riconvertiva in elettrico. Si creava così un “ritardo” dove si immagazzinava l’informazione elementare. Dopo, e siamo nel 1950 e subito dopo, furono utilizzate tecnologie diverse: dalle valvole elettroniche, ai tamburi magnetici, alle memorie a nucleo magnetico. Ad esempio in quest’ultimo caso, usatissime nei computer degli anni sessanta, degli anelli di ferrite erano percorsi da quattro fili (più tardi tre) che permettevano la memorizzazione di un singolo stato digitale, uno o zero, accessibile ad un ciclo di clock. Impilando più anelli si potevano creare griglie di memoria.

Il Led di MicrosoftMicrosoft Italia e Università Ca’ Foscari Venezia hanno presentato  il Laboratorio di Esperienza Digitale (Led) che avrà sede a Mestre nel nuovo Campus scientifico dell’ateneo. Il Led di Venezia sarà un luogo d’incontro e formazione gratuita per Pmi, professionisti e giovani del territorio con un duplice focus: Cloud Computing e Mobility.  Nel Led verrà offerta formazione gratuita agli imprenditori e ai professionisti locali attraverso workshop e sarà possibile incontrare i ricercatori di Ca’ Foscari e gli esperti Microsoft per ricevere consulenza e dare avvio a progetti d’innovazione. Il laboratorio sarà anche uno spazio di confronto per gli studenti dell’Università.